Teodora Campostrini segue i passi di S. Agostino

 
 
E vanno gli uomo ad ammirare
le vette dei monti,
ed i grandi flutti del mare,
ed il lungo corso dei fiumi,
e l’immensità dell’Oceano,
ed il volgere degli astri,
e si dimenticano di se medesimi.
(S. Agostino)

 

 

L’idea di s. Agostino, monaco, riguarda la vita religiosa è piuttosto complessa. Gli elementi che vi concorrono sono molti, ma è possibile raggrupparli in due categorie: la prima riguarda la ricerca e conoscenza di Dio, di se stessi, degli aspetti della vita umana, come il tempo e lo spazio…, la seconda riguarda l’amore, l’amore per Dio e per il prossimo, amore visto e presentato in modo molto concreto, dove non può mancare la pazienza operativa, la benevolenza verso chi non ci ama, la comprensione, il perdono…
Agostino è una persona inquieta, una persona che ha cercato la felicità ovunque e che, finalmente, ritrova se stesso nell’incontro con Dio e nella conoscenza.
Nel libro delle Confessioni egli parla a Dio e poi scrive per tutti:
“Stimolato e rientrato in me stesso, sotto la tua guida, entrai nell’intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto. Entrai e vidi con l’occhio dell’anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo e sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi poco se dicessi che era solo una luce più forte del comune, o che tanto intensa da penetrare ogni cosa. Era un’altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l’olio che galleggia sull’acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma era una luce superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce.
O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini. Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.”
E come è forte la ricerca, così è accentuato l’obiettivo dell’amore, concreto, visibile, fatto di sentimenti sinceri, parole, sguardi, azioni costruttive di bene. S. Agostino infatti, scrive nella sua regola, regola che Madre Teodora pone a fondamento della spiritualità del suo Istituto:
Perciò, dovete tutti vivere insieme, “come un’anima sola e un cuore solo” e onorare Dio gli uni negli altri, perché “ciascuno di voi è divenuto suo tempio”. Altrimenti si sta “senza frutto nel monastero”.
Debolezza e fragilità fanno parte della persona umana. Ecco perché l’invocazione non può mai mancare; ci mette nella giusta posizione davanti a Dio.
 

Io ti invoco, o Dio di verità,

nel quale, dal quale e per il quale

sono vere tutte le cose vere.

 

Dio, da cui sfuggire è smarrirsi,

a cui tornare è risorgere,

in cui abitare è vivere.

 

Dio, che nessuno perde

se non inganna se stesso;

che nessuno cerca

se la grazia non lo indirizza;

che nessuno trova

se non è puro.

 

Dio, che abbandonare è

come morire

che attendere è come amare,

che intuire è come possedere.

 

Dio, a cui spinge la fede,

a cui ci induce la speranza,

a cui ci unisce la carità

                                                      (S. Agostino)

Sr. M. Fernanda Verzè

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