Guardando il tuo vissuto si rimane sempre meravigliati nel constatare come hai saputo gestire in armonia anche i contrasti più vistosi. L’armonia era dentro di te così pure i sentimenti forti con le loro tendenze opposte: sentivi forte la necessità di un atteggiamento costantemente educativo, che allo stesso tempo, fosse anche contemplativo; sentivi forte la necessità di costruire una relazione profonda, chiara, vera con ogni Sorella, nella comunità, e, allo stesso tempo, il bisogno di una riflessione personale sostanziosa, priva della chiacchiera inutile e sterile e della curiosità superficiale.
Sentivi l’amore verso tutti e avvertivi i pericoli della frammentarietà dei sentimenti.
Hai scritto, infatti, che ogni Sorella, ammessa nell’Istituto, qualsiasi sia la sua condizione, la sua origine, la sua provenienza, le sue capacità dovrà essere amata e rispettata, perché le diversità non impediscono l’unità, ne il raggiungimento delle finalità dell’Istituto.
Questo comportamento tu lo hai chiamato “amore”, anzi, “amore attivo e operoso”. Attivo e operoso perché concreto, non basato sui massimi sistemi e non esauribile in petizioni di principio, perché appartiene ai nostri comportamenti ed è dentro le azioni quotidiane, attraverso esse, infatti, si manifesta e trova la sua verifica più adeguata ed efficace proprio nelle azioni stesse. Questo “amore attivo e operoso”, dunque, è lo stesso con cui tu vedevi la necessità di operare anche nei confronti di coloro che si affidano per essere educati.
L’armonia e l’equilibrio interiori, di cui eri dotata, ti permettevano di far agire i tuoi forti, diversi e differenti sentimenti nell’alveo di un’azione equilibrata, dagli obiettivi chiari e specifici.
Per questo detestavi perdere tempo, o che altri perdessero tempo, nel questionare sulle diversità di provenienza esaltando la propria nazione o il proprio paese, perché questo atteggiamento crea solo divisioni.
Non vale la pena perdersi in questi discorsi, dato che “l’amore attivo ed operoso” non guarda che al bene delle persone non al colore della loro pelle, alla situazione, condizione, provenienza o diversità di abitudini.
E, ancora una volta, insistendo su questo argomento, indicavi la motivazione: Chi ama Dio non può non amare i suoi prossimi, i quali immagine di Lui, che li ha fatti a sé somiglianti.
È chiaro, dunque, il tuo pensiero: le diversità sono molte, i “prossimi” sono tanti ma uno solo è l’amore, l’amore attivo ed operoso verso tutte le diversità, verso tutti i “prossimi”.
Sr. M. Fernanda
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