Il cervello che ride

QUALCUNO ha fatto proprio bene ogni cosa: ha persino riservato nel nostro cervello una zona con il compito di saper cogliere il lato umoristico della realtà, ossia, una capacità che fa suscitare la risata sana e autentica, fonte di energia per l’organismo, grazie alla quale, possiamo essere più sereni e più distaccati emotivamente anche dalle cose che appesantiscono la vita. Il primo che ride è, dunque, il cervello, il quale invia stimoli ai muscoli facciali che iniziano a rilassarsi e preparano il sorriso e poi il riso più o meno rumoroso.
Si può ridere di tante “cose”, compresi noi stessi; troviamo nei fatti, nei gesti, nelle azioni, perfino nelle brutte figure che possiamo fare davanti agli altri, un particolare che provoca al ridere e che ci diverte. E’ interessante e utile saper cogliere anche il lato comico della realtà, perché si ampliano i nostri punti di vista. Ogni situazione, infatti, può essere letta in vari modi; se sappiamo cogliere soltanto un solo punto di vista, diventiamo persone non “povere in spirito” nel senso evangelico, ma con uno spirito povero, chiuso, meschino. Ridere in modo vero e sano fa superare anche gli effetti negativi di condizioni difficili e stressanti. Il cervello è il primo che ride e il cervello è il primo che trae vantaggio dalla risata, in quanto il ridere migliora le stesse sue capacità: pensare lucidamente, ridimensionare le paure, l’aggressività, i rimpianti, ecc..
L’umorismo non ha niente a che fare, sia intellettualmente sia emotivamente, con il sarcasmo, un elemento che contiene violenza, prevaricazione, cattiveria e che disturba i nostri sentimenti. Il senso dell’umorismo è una “cosa seria”, perché è produttivo, favorisce la rielaborazione degli avvenimenti, la rivalutazione delle emozioni, la visione serena della vita, il superamento delle tensioni, il miglioramento della capacità di apprendere e di conoscere fatti e persone, compresi se stessi, e potenzia la consapevolezza di sé, senza che ci si prenda troppo sul serio.
E’ risaputo come l’umorismo fa bene anche alla salute. Coloro che sanno affrontare la malattia con un pizzico di umorismo fanno aumentare le autodifese, ridimensionano il problema e interagiscono meglio con la terapia.
L’umorismo è il cervello che ride e che fa ridere di noi stessi e del mondo, delle nostre imperfezioni e dei limiti, è il sale che condisce le nostre giornate.
Mons. Gianfranco Ravasi, in una delle tante sue preziose riflessioni, cita una frase significativa di Ionesco, drammaturgo romeno: “Dove non c’è umorismo, non c’è umanità. Dove non c’è umorismo c’è il campo di concentramento”. Per questo le dittature colpiscono i comici, perché le loro espressioni sono più incisive di una lunga critica contro di esse.
L’umorismo, dice Ravasi, “è indizio di umanità, di moralità e persino di tolleranza”.
La capacità del cervello umano è davvero straordinaria, non solo perché sa anche produrre il sorriso e la risata, ma perché si lascia stimolare da sorrisi e risate che provengono da altri. La risata, infatti, è contagiosa, in quanto il cervello risponde agli stimoli emotivi provocati da sorrisi e da risa altrui; quando qualcuno ride, nel cervello di chi è presente, si attivano le stesse aree che si muovono allo stesso modo di quelle che hanno causato la risata. In sintesi, quando vediamo qualcuno ridere, il nostro cervello istintivamente lo imita e mette subito in moto i muscoli facciali che permettono il sorriso. Questo meccanismo, che si chiama “specchio”, è molto efficace perché rinforza nella persona i vincoli sociali, le relazioni umane.
Mi piace pensare che il nostro cervello sa anche ridere, in quanto sa inviare stimoli ai muscoli facciali perché producano il sorriso. Ciò vuol dire che Dio, il Creatore, è un Dio che sa ridere, che sa sorridere e mostrare benevolenza. E’ impossibile, infatti, pensare a Gesù, immagine del Padre, che guarda i gigli del campo e i campi di grano senza sorridere, che accoglie i bambini, i suoi discepoli stanchi dalle fatiche, che siede al pozzo ad aspettare la samaritana, che invita Zaccheo a scendere dall’albero, senza un sorriso aperto, invitante, rassicurante.
Certamente non sorrideva quando ha definito apertamente i farisei “razza di vipere” e “sepolcri imbiancati”, ma la disponibilità di Pietro e degli altri, pronti a lasciare tutto per seguirlo, la fiducia delle persone che a Lui accorrevano, la soddisfazione del moltiplicarsi del pane nelle sue mani certamente lo ha fatto sorridere di ammirazione.
In Dio c’è il sorriso, perché il nostro Dio non è solitario, ma è Relazione e, dove c’è relazione positiva, c’è serenità, c’è cordiale accoglienza, c’è benevolenza. E’ impossibile pensare a un “Dio Amore” tetro, cupo, troppo serio. Dio é Padre, e quale padre non sorride ai suoi figli? Dio è Padre e anche Madre. Egli stesso si paragona ad una madre:
“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”.(Is.49,14)
Dio è Amore, è Padre, è Madre, quindi, è anche SORRISO.
 
sr.M.Fernanda Verzè 
 

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