È difficile esprimere in sintesi una definizione di solidarietà perché essa è composta da tanti elementi, da molte versioni e interpretazioni, non sempre corrette, talvolta strumentali, ideologiche e prive di impegno effettivo.
Per non correre il rischio di voler a tutti i costi avere una risposta per ogni cosa, come pretenderebbe la stupidità, è utile porsi domande su ogni cosa come richiede la consapevolezza del bisogno di conoscere. Lungi, perciò, dal dare definizioni alla solidarietà, che offre possibilità di osservazione da più punti di vista, la si può considerare come una barca a vela nel mare della vita, che indica una precisa direzione costituita da rendiconti specifici, responsabilità, trasparenza, partecipazione e valutazione. Ognuno di noi ha il compito di “rendere conto” a se stesso, agli altri, alla vita, a Dio, del suo personale operato, del suo comportamento, del suo lavoro e del risultato dell’esistenza. Nessuno ha il diritto di essere un parassita che pesa sugli altri o di danneggiare con truffe, furti e corruzioni ciò che gli altri hanno onestamente guadagnato per una vita dignitosa. La “quadratura di bilancio”, prima o poi, deve avvenire: questo è il destino di tutti e nessuno potrà sottrarsi. Rendere conto, perciò, è imprescindibile dalla responsabilità del vivere quotidiano e ha come punto di riferimento continuo la valutazione, ossia l’onesta attività di analizzare le proprie azioni, affinché vengano superati i sentimenti negativi che rendono dannosi i comportamenti, per tante persone e per la società. Non è possibile pensare di esistere senza tenere conto dell’esistenza degli altri, con i quali abbiamo in comune diritti e doveri. Tutti i giorni, però, veniamo a conoscenza di fatti gravi di corruzione, di disastri ambientali, di ingiustizia e di dolore, che provocano rabbia e irritazione. Sembra che la coscienza, la parola data, l’onestà, la relazione costruttiva con gli altri e, come dicevano i “nostri padri”, il “santo di Dio” siano stati confinati in qualche angolo della coscienza, talmente profondo da no percepire più l’esistenza. Bontà e cattiveria, bene e male abitano nel cuore dell’uomo e dipende dagli obbiettivi e dalle scelte di ognuno far prevalere in sé e fuori di sé l’egoismo, l’individualismo oppure l’onestà e la solidarietà. Bisognerà pure rendersi conto che, si voglia o no, siamo uniti da un’unica sorte e che necessitano sempre più persone che prendano sul serio il proprio vivere morale per migliorare se stessi prima di tutto, solidarizzando con altri che lavorano onestamente perché la barca della vita non vada a sbattere contro scogli mortali.
Se si vuole incidere sulla morale degli altri, è necessario prendere a cuore con molta serietà, prima la propria moralità e poi, continuare a progredire nel bene. Le correnti di odio e di amore, di sfruttamento e di trasparenza sono sempre esistite. Per scegliere sempre il comportamento umano di amore è essenziale convincersi che con il male, ossia facendo prevalere la parte più perfida che c’è in noi, non si combina niente e si creano solo sofferenze e sopraffazioni. Per questo è importante saper vivere con se stessi, riconoscere le nostre parti più deboli, essere capaci di leggere in profondità la nostra coscienza, per saper distruggere in noi ciò che corremmo fosse distrutto negli altri. Ogni frammento di odio che aggiungiamo a quello che già esiste rende il mondo ancor più cattivo, inospitale e criminale. Così come, al contrario, ogni gesto buono di umanità inserisce nel mondo, trasparenza dei valori, tranquillità, sicurezza anche e soprattutto, per coloro che sono maggiormente indifesi. Non è sufficiente denunciare i misfatti e le malvagità; la solidarietà vera, soprattutto verso chi soffre maggiormente ingiustizia, mette in discussione se stessi perché tutti, chi più e chi meno, partecipiamo alla costruzione del bene o del male, perché entrambi sono presenti nel cuore di ogni persona. Sono le scelte che rendono buono o cattivo il nostro cuore, che lo rendono insensibile, indifferente, oppure capace di sentire dentro il dolore dell’altro e di lottare per la vittoria del bene sul male.
Nella società odierna, vi sono, è vero, grandi squilibri di condizioni sociali e economiche fra le persone e ciò è fonte di gravi ingiustizie che possono trasformarsi in violenza.
L’attore Kevin Costner, ebbe ad affermare che l’America deve la sua costruzione e il suo progresso agli indiani e agli schiavi: “È a loro che dobbiamo l’America”, dice.
Gli indiani e gli schiavi non hanno beneficiato del loro lavoro di schiavi: sono stati soltanto ingiustamente sfruttati e i loro sfruttatori hanno goduto di vantaggi prodotti da sofferenze e ingiuste condizioni di vita e di trattamento.
Non ci può essere solidarietà se non vi è partecipazione al lavoro e al frutto che lo steso produce. Inevitabilmente, quando la disuguaglianza è ampia e profonda, si rischiano spaccature sociali che conducono al naufragio l’intero sistema.
L’atteggiamento diffuso di scambio reciproco di beni, onestamente ottenuti, potrà rendere il cuore puro, potrà ridonarci un cuore di fanciullo.
“Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli”(Mt. 18,3).
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