Abitavo circondata da dolci colline che ad aprile si coprivano di fiori di ciliegio e diventavano color bianco delicato ed intenso. Quando i petali iniziavano a cadere, formavano quasi un bianco tappeto, steso sullo sfondo verde dei teneri fili d’erba, appena nati. Osservavo e mi riempivo gli occhi di candore, mentre lasciavo andare i miei sentimenti verso le colline che raccoglievano e proteggevano tanta bellezza e che contemporaneamente limitavano l’orizzonte, così che lo sguardo era obbligato a fermarsi. Correva, invece, la fantasia ed andava oltre le colline e spaziava in un mondo sconosciuto. Sentivo il bisogno di andare, andare oltre le colline… di viaggiare, di vedere il mondo al di là del limite abituale, per constatare se c’era dell’altro, dopo le colline. Volevo in qualche modo rassicurarmi, se c’erano le città, di cui avevo sentito parlare, se la gente era diversa da quella conosciuta e se i paesaggi erano incantevoli come pensavo.
Quando giunse il tempo in cui mi sono dovuta allontanare, mentre mi sentivo lacerare l’anima, perché ero consapevole che un periodo della mia vita stava per finire per sempre, godevo di oltrepassare le colline per incontrare gente nuova, luoghi diversi. Con curiosa avidità guardavo ovunque per sentire, per cercare se trovavo ciò che avevo tanto sognato.
Ben presto mi accorsi che la gente non era tanto diversa da quella che abitava nelle ”mie” colline; le città, i luoghi e i paesaggi non erano così incantevoli come avevo pensato. Tutto mi sembrava così poco “speciale” che un senso di delusione si fece strada dentro di me. Allora ho capito: nel viaggio della mia vita, avrei dovuto pormi in una direzione diversa da quella che avevo immaginato. Era all’interno di me stessa che dovevo rivolgere lo sguardo in modo da capire che cosa c’era nell’anima mia. Era il mio mondo interiore che dovevo vedere, capire, sentire e godere. Entrando in me stessa, senza ricorrere ad immagini esteriori, che pur avevano il loro fascino, ma di cui ormai sentivo tutta la vacuità, potevo spaziare e incontrare, senza mai stancarmi, meraviglie di comprensioni e abissi di condizionamenti, bellezze di possibilità utilizzabili e limiti da superare.
Il viaggiare, accompagnato da osservazione e da riflessione sull’esperienza stessa, riporta infatti, alla consapevolezza del proprio esistere e del proprio esserci nel mondo; invoglia a riprendere continuamente contatto con se stessi, con la propria mente, con i propri significati e motivazioni.
Il viaggio più consistente ed essenziale è quello dentro se stessi, dentro le proprie scelte e le proprie realtà. È importante rimanere in ascolto di se stessi, per recuperare in ogni istante il senso dell’esistere e il senso dell’esserci, ossia dell’essere presente a noi stessi e agli altri.
Un giorno, non so dove, ho letto questa frase:
“Volgi il tuo occhio all’interno
e scoprirai migliaia di regioni, nel tuo cuore, vergini ancora.
Viaggiale tutte e fatti esperto di cosmografia interiore”.
Il viaggio nella propria interiorità ha un significato preciso, quello di far pensare, ragionare, riflettere; spingere a farsi le domande fondamentali, quelle che riguardano la conoscenza di noi stessi, degli altri, di ogni realtà, quelle che riguardano il proprio “destino” terrestre e oltre il terrestre. L’infinito esistente fuori di noi, al di là di noi, ma anche dentro di noi.
Viaggiare dentro di sé significa capire se stessi, esercitare il pensiero, meditare sul proprio atteggiamento di fronte al cambiamento, al miglioramento, al bisogno di un pensiero forte e flessibile allo stesso tempo.
Come tutti i viaggi, anche quello verso se stessi porta con sé incertezze, paure, pericoli, ma la fatica di affrontare disagi permette la conoscenza di se stessi; una conoscenza del particolare modo di affrontare e di vivere ciò che è necessario sopportare, una conoscenza della propria percezione che può alterare la realtà o rendere meno spiacevoli gli inevitabili contrattempi. L’elaborazione interiore dei disagi offre la possibilità di trovare un modo sempre nuovo di vivere anche gli aspetti “negativi” della nostra esperienza di vita. Viaggiare dentro di sé in ogni momento e in qualsiasi situazione permette di sentire il silenzio in cui è avvolta la propria anima, permette di riflettere sul proprio autocontrollo ed equilibrio emotivo e di gustare il proprio “esserci” e la propria unità interiore, sia quando la calma regna sovrana, sia quando i “rumori” delle situazioni difficili si fanno sentire in modo acuto.
Camminare nella propria interiorità significa distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superficiale, valutare, scegliere e riconoscere con serenità le proprie capacità e i propri limiti e distinguerli da quelli degli altri, meditare continuamente e nutrirsi di pensieri “puliti”, costruttivi e creativi.
Al di qua o al di là delle colline, c’è un solo viaggio possibile e gratificante, utile alla conoscenza e alla consapevolezza di sé. È un viaggio interminabile: si parte da un punto, ma al quale non si ritorna più, perché, nel frattempo, avviene il fenomeno del cambiamento e ci si trova molto diversi. Si cambia perché cresce la consapevolezza di sé e di ciò che si dovrebbe essere; si matura il pensiero e si costruisce con maggior perfezione la propria identità, la propria anima.
Allora il viaggiare per il mondo diventa importante e tutto può diventare “speciale”, anche le cose meno gradite, perché tutto può essere utilizzato per il viaggio metaforico della relazione con sé, con le “cose”, con Dio, che è sempre il Presente e l’irraggiungibile.
Il bisogno di viaggiare è il bisogno di cercare e di trovare la propria anima.
Sr. M. Fernanda Verzè