Avere cura di sé utilizzando le proprie risorse umane

Noi, oggi, viviamo in un tempo profondamente mutato, rispetto ad un passato anche abbastanza recente; anche se questa può sembrare una realtà scontata, talvolta ci si può sentire smarriti o fortemente insicuri di fronte al rapido cambiamento dei tempi, cambiamento che si ripercuote su ogni situazione umana, religiosa, professionale, relazionale.
Rispondere con adeguatezza al bisogno personale di realizzazione di sé, in questo tempo caratterizzato da veloci mutamenti, non è per niente facile, in quanto comporta un ascolto attento, una costante ricerca della propria interiorità, uniti ad una attuazione di azioni che vadano nella direzione della “vita” e non producano elevata frustrazione.
Produrre azioni e interazioni con ogni realtà, che siano nella direzione della “vita”, significa considerare e valutare le proprie risorse umane, per una piena conoscenza di sé, delle cose, dell’altro, di Dio e del suo progetto relativo alla nostra vita e a tutta la storia umana.
Quel che serve davvero è valorizzare la propria capacità di conoscenza in modo da valutare e misurare il sapere che mettiamo nel lavoro, nella relazione con l’altro e con ogni realtà.
La forza muscolare e la potenza delle macchine, oggi, vengono sempre più rimpiazzate dalla forza del pensiero umano derivante dall’aumento del contenuto di conoscenza e da “come” tale contenuto viene trasformato in risorsa e trasferito da una situazione umana all’altra, in modo da produrre altra conoscenza e altra possibilità di utilizzare la nuova conoscenza. Si costituisce, in questo modo, un circolo, che produce cambiamento, miglioramento ed evoluzione nella propria vita personale, nella relazione con se stessi, con gli altri, con le cose, con la complessità delle realtà.
Per questo è molto importante considerare se stessi quale “capitale” più cospicuo, nel promuovere la cura di sé, non certo in senso egoistico. Un obiettivo fondamentale, quindi, da tener presente nei pensieri e nelle azioni quotidiane, è quello di qualificare noi stessi come fonti importanti di risorsa di conoscenza, di pensiero riflessivo e di azione adeguata alla costruzione della ricchezza interiore, umana, spirituale, relazionale, ecc.
Avere cura di sé significa innanzitutto costruire un’immagine di sé capace di produrre una ricerca costante di conoscenza, di riflessione continua, un lavoro di supervisione di sé e di produzione ininterrotta di apprendimento. Si tratta di un approccio che oggi è maggiormente alla visione dell’esistenza e non certo contraria al piano di Dio, il quale ci ha chiamati alla gestione della creazione da Lui compiuta e donata all’uomo, alla gestione delle risorse umane e spirituali presenti in noi e passibili di altre acquisizioni, proprio per essere in coerenza con ciò che Dio si aspetta da noi e cioè che: “ogni talento fatto fruttare”. Ci ha chiamati alla costruzione della consapevolezza che il proprio miglioramento dipende da ciascuno e da tutti, nella collaborazione e nel confronto reciproco.
È estremamente utile, dunque, produrre per sé un percorso interiore che porti a considerare se stesse come “centri di apprendimento”, in modo da evitare il rischio di sentirsi e percepirsi individui passivi, privi di pensiero e incapaci di produrre atteggiamenti suscettibili di cambiamento.
La persona, infatti, è un essere in continua evoluzione, verso un futuro sempre migliore e, proprio la conoscenza, consente di stabilire una relazione con il futuro, in quanto contribuisce all’evoluzione del pensiero umano presente, che richiede, a questo scopo, una costante rivisitazione e rivalutazione del passato. Valorizzare il passato per un futuro di speranza è un comportamento intelligente e fruttuoso, non solo perché sarebbe sciocco ignorare il pensiero che ci ha preceduti, ma, soprattutto, perché il passato è la struttura di pensiero che ci guida verso il futuro, il solco in cui vivono i pensieri del presente. Passato, presente e futuro sono tre dimensioni temporali che convivono in ognuno di noi, che ci costituiscono, formando interiormente una dimensione dinamica, ma unitaria.
“L’uomo che non conosce quello che è stato pensato da coloro che lo hanno preceduto, certamente attribuirà un valore indebito alle proprie idee” (M. Pattison). Conoscere soltanto il passato o soltanto il presente non contribuisce alla cura di sé e all’evoluzione del pensiero umano.
Ora tutti potrebbero effettivamente aumentare il lavoro spirituale di conoscenza e il loro lavoro di pensiero riflessivo, creativo-organizzativo. Tutti potrebbero raccogliere, nel loro capitolo umano, idee e risorse nuove, offrendo a se stessi, agli altri all’organizzazione comune in cui ci si trova a vivere e ciò per un aumento della qualità del prodotto spirituale dell’intera società.
Si tratta di una formazione permanente, che ognuno compie con se stesso e su se stesso, si tratta di avere cura di sé a livello interiore profondo.
Le risorse di intelligenza, di ragionamento, di conoscenza, di apprendimento e approfondimento tendono a disperdersi facilmente; basta un allentamento dell’attenzione e dell’impegno che ci si trasforma in elementi passivi che affidano la responsabilità del bene comune agli altri, all’autorità, a chiunque tranne che a se stessi.
Le energie e le risorse non vanno disperse, ma concentrate, perché l’intelligenza organizzativa va coltivata nel contesto dell’agire, in cui trova conferma e la verifica-valutazione più valida e certa.
Le risorse umane, dunque, vanno coltivate senza escludere alcuna: da quelle tecniche a quelle di ragionamento, da quelle relative ad un settore particolare a quelle generali, riguardanti la globalità della realtà in cui viviamo.
Considerare le risorse umane come il “capitale” più consistente che ci è stato affidato, significa gettare una luce nuova sulla costruzione sempre più accurata di un tale “capitale” e sul processo di crescita delle conoscenze individuali, al fine di fare una patrimonio per sé e per tutti.
Concretamente si tratta di costruire ed accreditare la consapevolezza del proprio valore, di ciò che si pensa o si potrebbe pensare, di ciò che si fa o si potrebbe fare, sia sul piano spirituale, sia su quello professionale e lavorativo. E, se in un gruppo tutte le persone operano in tal modo, insieme creano qualcosa, un valore aggiunto, che vale più della somma degli sforzi individuali.
Si tratta, in altre parole, di pensare a se stessi come “officine” di elaborazione dei vissuti quotidiani, al fine di comprendere e conoscere più in profondità ciò che appartiene alla propria interiorità. Rimanendo attenti alle azioni che si compiono e alle motivazioni e significati per cui si compiono tali azioni, si possono conoscere sentimenti ed emozioni propri, che non si conoscevano, e tali, che, se utilizzati per la costruzione della propria individualità e per la crescita della propria consapevolezza, diventano nodi e maglie di un tessuto relazionale, di una rete positiva con gli altri, nel gruppo a cui si appartiene.
In questo modo si costruisce coerenza interiore ed esteriore e viene gradualmente superata, così, la frattura tra pensiero ed emozione e tra l’individualità e il gruppo di appartenenza.
 

Istituto Campostrini

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